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L’ESAME ECOGRAFICO:QUESTIONE DI STRUMENTO O DI OPERATORE?

20 Gennaio 2021 Posted by Veronica Carlino ARTICOLI

L’ESAME ECOGRAFICO:QUESTIONE DI STRUMENTO O DI OPERATORE?

Ne abbiamo parlato con i Dottori Giuseppe Palaia e Luigi Martella

L’ecografia, come la fotografia, è un importate mezzo di divulgazione di informazione e di sapere con la differenza che, per un’adeguata resa, non occorre solo individuare il soggetto e sapere come e quando scattare, bensì è necessario sapere cosa cercare e come interpretare ciò che l’ultrasuono trasmette. Abbiamo affrontato il tema con due eccellenze della medicina del nostro territorio sperando di approfondire un argomento trattato spesso con pericolosa superficialità.

“Benvenuto, Dr. Palaia, lei è una vera eccellenza del nostro territorio, grazie di cuore per la disponibilità!”

“Ringrazio Voi per gli elogi; se per eccellenza si intende uno che ha lavorato sempre tanto, allora sì, posso dire di esserlo!” “Prima di presentare il mio carissimo amico e validissimo professionista faccio un excursus su quello che è stato l’avvento delle terapie strumentali per validare soprattutto le lesioni muscolari. Moltissimi anni fa ho iniziato a fare il medico sportivo, il medico da campo. Era il1977 e non avevamo tutti gli ausili che ci sono adesso; si faceva la diagnosi in base alla modalità di insorgenza del trauma, all’esame obiettivo, della gravità dei sintomi; una diagnosi classica, puramente clinica e differenziata tradizionalmente tra contrattura, stiramento o strappo. Poi improvvisamente sono arrivati gli ultrasuoni e hanno incominciato a parlare di ecografia. Ricordo le prime ecografie che vedevo nelle donne in gravidanza in ospedale, dove facevo l’anestesista. L’ecografia poi ha fatto passi da gigante.. parlare di ecografia però, vuol dire parlare di un esame strumentale operatore dipendente soprattutto nelle lesioni muscolari e muscolo-tendinee, pertinenza di pochi esperti. Anni fa, dopo l’avvento dell’ecografia, ho iniziato a cercare dei riferimenti specializzati, conoscevo già dei colleghi molto bravi però poi, ho notato che c’era un collega molto ben disposto, capace di una valutazione attenta e di una ricerca certosina. Io lo chiamo il poeta della dell’ecografia perché fa delle descrizioni eccezionali!” Da allora il Dr. Martella ha seguito i miei atleti, tra il calcio, l’U.S. Lecce, il Basket e molto altro ancora. Ci sono altri colleghi ovviamente validi però con lui si è stabilito un rapporto consolidato nel tempo che mi ha dato sempre enorme soddisfazione. Nell’attività lavorativa lui è un passionale, come me. Noi siamo medici da campo. A differenza del medico da scrivania, abbiamo degli obiettivi temporali. Se dobbiamo recuperare un calciatore per quella gara o un atleta che fa uno sport individuale per una certa competizione, dobbiamo stabilire degli step riabilitativi e anche strumentali. In quest’ottica Luigi mi ha sempre seguito anche nelle mie pazzesche esternazioni in qualsiasi ora del giorno e della notte. Per noi il fattore tempo è determinante! Questo breve racconto per spiegare il mio rapporto affettivo e professionale con un collega che in realtà, si presenta da solo!”

Dr. Martella, un’introduzione emozionante, oserei dire.

“Ringrazio per le bellissime parole. Ho conosciuto Peppino appena rientrato dalla Svizzera, dove a Lugano, oltre l’attività ospedaliera, mi occupavo di queste problematiche per una squadra di calcio e di hockey sul ghiaccio che militavano nelle massime serie. Sempre per rimanere ancorati ai canoni della suddivisione tradizionale dei traumi muscolari tra diretti e indiretti, all’epoca mi trovavo difronte prevalentemente a traumi sportivi di tipo diretto, traumi pazzeschi tra racchettate e scontri contro le balaustre. La nostra collaborazione è iniziata subito ed è stata ed è ancora un’esperienza bellissima.

Nel corso del tempo la tecnologia è avanzata in maniera esponenziale; se voi poteste vedere cos’è un’immagine ecografica di un tendine nel 1987 e una immagine di adesso potreste rendervi veramente conto di cosa è capace oggi l’ecografia. Certo, non è però soltanto una questione di macchina; lo strumento ha la sua importanza e ovviamente l’uomo deve saperlo adattare, ma le conoscenze e le competenze specifiche del professionista sono fondamentali. Sono convinto che l’approccio dell’ecografia muscolo scheletrica non possa avvenire se non esistono almeno due presupposti fondamentali: una eccellente conoscenza dell’anatomia e una conoscenza altrettanto eccelsa della patologia muscolare. Se non ci sono questi due presupposti è molto difficile potersi approcciare a questo tipo di diagnostica. In molti casi alcuni aspetti della patologia muscolare possono sembrare semplici da valutare, tuttavia, se non si conosce l’anatomia nel dettaglio non è possibile riuscire ad individuare i piccoli dettagli che nella diagnosi e fanno la differenza. Fondamentalmente si tratta di aspetti molto molto sottili. Ecco perché si tratta di una metodica operatore-dipendente.

La conoscenza anatomica, e della patologia muscolare, mi ha consentito l’elaborazione di uno schema mentale preciso, strutturato, estremamente accurato. Il metodo è molto importante; parte dalla ricerca anamnestica, dall’analisi di ciò che è accaduto. Sembra una stupidaggine ma non è così: quando arriva un atleta per prima cosa devo ricercare, nel suo racconto, ciò che è accaduto ed individuare la dinamica del fatto. Generalmente, ho già annotato quanto riportatomi dal clinico che ha richiesto l’esame. A quel punto inizia la valutazione della lesione che passa dall’individuazione della sede del trauma, della sua tipologia e della sua entità. Uno stesso trauma ha infatti prognosi diverse sulla base della sede in cui si è verificato. Un trauma muscolare che si individua nella periferia di un muscolo, avrà una prognosi diversa rispetto alla stessa lesione, della stessa entità, che si individua al centro del ventre muscolare. Ovviamente anche lo schema terapeutico impostato dal clinico che riceve un’informazione precisa ed accurata, sarà adeguato di conseguenza. Un trauma periferico, recuperabile in 10 gg, in altra sede potrà invece determinare un recupero più lento. E siccome parliamo di atleti, è facile comprendere come questa differenza possa essere determinante.”

Dr. Palaia, imi sembra quindi di capire che nel tempo, l’esame diagnostico abbia assunto un’incidenza sempre maggiore nella definizione dello schema riabilitativo impostato poi dal clinico?

Nel tempo sono cambiate tante cose, anche le classificazioni delle lesioni che dovrebbero suggerire la prognosi ma che spesso in realtà la confondono. Non si può infatti fare una prognosi precisa se prima la lesione muscolare non viene diagnosticata e valutata approfonditamente nella sua interezza. La fase successiva riguarda l’evoluzione nel tempo della lesione fino alla guarigione clinica e poi, per quanto riguarda ll recupero dell’atleta, subentra la fase della riatletizzazione; la ripresa dell’attività agonistica vera e propria. Certo non è più come una volta; il riposo assoluto non esiste più. C’è un mezzo riabilitativo eccezionale che lavora in microgravità ed è l’acqua. Prima il riposo assoluto creava delle cicatrici ipertrofiche che predisponevano alle recidive. Adesso cercando di mettere in parallelo le fibre si punta ad un recupero più veloce e definitivo anche di un evento traumatico importante. L’anno scorso abbiamo avuto un’esperienza enorme in US Lecce; abbiamo avuto molte lesioni muscolari le cui cause possono essere ricercate nel terreno, nei carichi di allenamento impropri o non bilanciati, in una inadeguata miscela dei mezzi di allenamento. Abbiamo avuto davvero tantissime lesioni muscolari. Mai successo nella mia carriera prima.”

Dr. Martella, ci faccia un esempio reale di specificità nella diagnosi del Trauma Sportivo.

Mi viene in mente il muscolo retto femorale, un muscolo importantissimo nel caso dei calciatori, frequentemente sede di numerose lesioni. Anatomicamente è composto da due ordini di fibre; il primo centrale, il secondo è una sorta camicia. Se l’ecografista non conosce a fondo la sua anatomia e non può rendersi conto della ragione per la quale la maggior parte degli eventi distrattivi di primo e secondo grado si verificano proprio in determinate sedi del ventre e non può riportare al clinico le giuste informazioni necessarie all’elaborazione di una prognosi ed una conseguente terapia precisa ed adeguata al caso specifico. Un altro esempio molto tecnico: le fibre muscolari si inseriscono tanto sulla fascia quanto sulla banda connettivale centrale con un angolo molto particolare, angolo di pennazione che ha un’ampiezza normale di circa 25 gradi. Ci sono dei traumi muscolari apparentemente invisibili; Come ti accorgi allora della presenza di una lesione non evidente? Conoscendo questo dato anatomico, puoi notare un’alterazione dell’angolo. Ma in quanti lo sanno?

Un’ultimo aspetto tecnico da considerare: La manualità dell’operatore. Saper puntare correttamente su una struttura anatomica muscolare e tendinea non è poi una cosa così banale. Occorre, ad esempio, rispettare sempre un angolo di insonazione di 90°; diversamente, si generano artefatti da errato posizionamento della sonda sulla struttura. In parole povere, puntando male l’informazione di ritorno non giunge al sistema e quindi l’operatore non ottiene le informazioni necessarie alla corretta diagnosi.

In sintesi, per interpretare correttamente ciò che ad un esame ecografico evidenzia e descrivere al clinico tutto ciò che è realmente utile ad una corretta diagnosi, prognosi e terapia, l’ecografista deve possedere grandissime competenze specifiche, ampia esperienza sul campo e deve aver affinato un metodo preciso e ben strutturato. Come per la Fotografia, la diagnostica ecografica necessita quindi della capacità di porre sulla stessa linea di mira mano, occhi e mente; solo cosi si può “comporre” con minuzia di particolari e scrupolosa descrizione il commento alle immagini.

Vi ringrazio di vero cuore per questo piacevole confronto; in un momento in cui la comunicazione legata all’ambito sanitario è quasi interamente occupata dalle notizie sulla pandemia in corso, questi spazi sono estremamente importanti. I pazienti infatti, e mi considero parte della categoria, hanno ancora oggi necessità del supporto e dei servizi medici a 360°; purtroppo non esiste solo Covid-19!

A cura di: Dr.ssa Veronica Carlino, DG